A tu per tu: Mammainconverse
Leggi l’intervista a Mammainconverse
“[…] E non veniteci a dire ‘poverini’ perché non lo siamo… non siamo neanche ‘supereroi’. Siamo una famiglia che improvvisa le giornate, vive “alla giornata” e cerca di andare avanti con il sorriso, anche se spesso ci si scontra con problemi che il sorriso non si riesce proprio a tenerlo”
Sara – Mammainconverse
Fisioterapista della Nazionale Italiana di Nuoto artistico, Sara è mamma di Anna, Matilde e Diego, quest’ultimo nato con una malattia rara. Nel 2017 decide di aprire un blog per raccontare viaggi, esperienze e dare consigli: quella di Mammainconverse è la storia di chi racconta la sua vita sperando di essere utile agli altri. Perché, come lei afferma, è possibile che ci si senta spaesati davanti a certe situazioni.
Nell’intervista, Sara ci parla della forza della condivisione, sottolineando la sua esigenza di tenere lontani atteggiamenti compassionevoli e di non essere considerata una donna con qualche “potere particolare”, ma semplicemente una mamma che affronta la vita giorno per giorno e con il sorriso.
Parlando di accessibilità dei musei, Sara ci ha voluto inoltre lasciare un prezioso consiglio sulla possibilità di introdurre mappe e strumenti in CAA – Comunicazione Aumentativa Alternativa, per facilitare la comunicazione e la comprensione. Un consiglio che possiamo dire di aver fatto nostro, tanto che siamo già al lavoro, insieme a un team di esperti, per lavorare a dei supporti in CAA da distribuire nel museo.
Questa l’intervista:
Raccontaci di te: come nasce la tua pagina, di cosa si tratta e qual è il messaggio che vuoi trasmettere?
«Ciao sono Sara, @mammainconverse per i social. Ho 39 anni … anzi ormai quasi 40. Sono mamma di Anna&Diego e da 9 mesi anche di Matilde. Sono fisioterapista della Nazionale Italiana di Nuoto artistico ed ho uno studio privato con mio marito Settimio, anche lui fisioterapista.
Ho aperto il mio profilo Instagram nel lontano 2015 e dal 2017 ho deciso di raccontare sulla pagina spezzoni di vita quotidiana e tutto quello che va e non va riguardante la disabilità e il mondo in cui vivo con i miei bambini. Ho sempre sperato, con la nostra storia e i nostri racconti, di dare un briciolo di forza a tutte quelle mamme e papà che si trovano da un giorno all’altro soli ad affrontare questa situazione più grande di tutto. Perché penso che vivere e combattere per un figlio che sta male è qualcosa che va contro natura… i bambini non dovrebbero soffrire mai e dovrebbero essere liberi. E non veniteci a dire “poverini” perché non lo siamo… non siamo neanche “supereroi”. Siamo una famiglia che improvvisa le giornate, vive “alla giornata” e cerca di andare avanti con il sorriso, anche se spesso ci si scontra con problemi che il sorriso non si riesce proprio a tenerlo».
Quando parli di Diego puoi essere un sostegno positivo per molte famiglie che vivono la vostra stessa situazione. Pensi sia importante condividere via social esperienze e testimonianze per sensibilizzare e migliorare l’informazione che ruota attorno a malattie rare come quella di Diego?
«Penso che sia fondamentale PARLARE, RACCONTARE, CONDIVIDERE attraverso foto e parole poiché non tutte abbiamo la stessa forza, quindi se parlando dovessi essere utile anche ad una sola mamma ne sarei felice. Purtroppo quando entri in un ospedale pediatrico e poi torni a casa ti ritrovi solo: nessuno ti insegna ad essere un caregiver, devi rimboccarti le maniche e inventarti medico, infermiere, terapista e via dicendo».
Quali sono le principali difficoltà che hai incontrato con Diego nei luoghi di cultura a livello di accessibilità?
«Vivo in una grande città, Roma, ed essendo una città molto antica, l’accessibilità non è mai scontata (come ho riscontrato anche a Londra e Parigi). Per esempio, non in tutti gli edifici storici o molto datati è possibile abbattere al 100% le barriere architettoniche o modificarli aggiungendo per esempio ascensori. Certo, su tutto ciò che è più contemporaneo e soprattutto sui servizi pubblici, edifici pubblici, mezzi pubblici, si potrebbe e dovrebbe fare molto di più.
Da migliorare è comunque l’accessibilità nei luoghi di cultura non solo attraverso l’abbattimento delle barriere architettoniche: pensate che edifici come la Cupola di San Pietro a Roma, il Museo Egizio di Torino, il Museo dei Bambini Explora a Roma ed anche la Torre Eiffel di Parigi sono state visitate – con nostra sorpresa – con Diego in carrozzina. Parlo anche e soprattutto di accessibilità dal punto di vista dell’esperienza che i luoghi di cultura sono chiamati ad offrire».
Sappiamo che conosci Explora. Raccontaci della tua esperienza al Museo: cosa ti ha colpito in positivo e come pensi che Explora, o altri luoghi di cultura, possano lavorare per migliorare l’accessibilità o diventare strumento di sensibilizzazione.
«Come ho anticipato prima, Explora è accessibile dal punto di vista delle barriere architettoniche. Inoltre le attività fanno impazzire i bambini per quanto sono coinvolgenti ed interessanti, sono ad altezza bambino (e quindi ad altezza carrozzina) e molte sono dedicate alla scoperta sensoriale (che per bambini come Diego è fondamentale). Tuttavia non ce ne sono molte per bambini che, come Diego, utilizzano forme di comunicazione aumentativa (CAA). Ecco, un’idea potrebbe essere affiancare ad ogni spazio anche delle cartelle di CAA comprensibili a tutti».
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