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Il luogo in cui nasce Explora ha oltre 2.000 anni di storia ed è un coesistere di architettura, archeologia, restauri e nuove tecnologie: interventi di trasformazione dovuti al passare del tempo e al susseguirsi di epoche che differiscono culturalmente l’una dall’altra che hanno reso l’area del museo un patrimonio di scoperte.

Antica Roma
Quanti di noi hanno sentito parlare delle strade di Roma? Opere complesse di ingegneria che hanno permesso, ad una piccola città costruita sul colle Palatino, di trasformarsi in capitale dell’Impero e raggiungere in espansione i confini allora conosciuti.
Un sistema stradale unico e fondamentale che collegava le città più importanti connettendo un vasto tessuto multiculturale. Realizzazioni argute e resistenti nel tempo formate da quattro strati di pietre, sabbia, pozzolana e grossi basoli.
Explora si affaccia proprio su una delle dieci vie consolari di Roma, l’antica Via Flaminia, che prende il nome dal Censore Caius Flaminius che ne avviò la costruzione alla fine del III sec. a.C. (223 o 220 a.C.).
Nota al tempo di Augusto come Via Lata, rinominata nel Medioevo Via del Corso, il grande rettilineo connetteva l’attuale Piazza Colonna a Ponte Milvio, quindi, procedendo verso nord, la via consolare congiungeva Roma ad Aliminum, l’attuale Rimini.
Cinque metri dividono il suolo di Explora alla via consolare più in basso, metri rappresentativi del processo storiografico e stratigrafico che dividono il nostro secolo con la Roma Antica.

A testimonianza della vitalità del luogo già nei primi secoli dopo Cristo, è la presenza di elementi storici risalenti alla Roma Antica: il ritrovamento, avvenuto durante il restauro dell’edificio di ingresso al museo, di un capitello in travertino con volute di epoca romana, inglobato nella muratura, che in origine doveva trovarsi al di sopra del fusto di una colonna di ordine ionico, forse di un tempio. Di eccezionale fattura, il capitello fu usato nel Medioevo come materiale di spoglio, una pratica molto comune in quei secoli e l’elemento fu dunque recuperato per essere riutilizzato come decorazione di un porticato.

XIX-XX secolo
Tra il 1800 e il 1900 l’area del museo fu interessata dalla costruzione di ricoveri per cavalli e carrozze: risale al 1877 la nascita della prima linea tranviaria che collegava Piazza del Popolo a Ponte Milvio, dunque, grazie alla sua posizione geografica decisiva, l’area divenne un deposito di carrozze trainate da cavalli, conosciute come omnibus.

La diffusione del tram a motore elettrico che coinvolse Roma negli anni dal 1930, provocò la scomparsa progressiva degli omnibus e la stessa struttura dell’attuale padiglione espositivo fu adoperata a deposito tranviario di mezzi elettrici.

Solo più tardi, nel 1973, con il passaggio della maggior parte delle linee tranviarie a percorsi di trasporto su gomma (autobus), il deposito dei tram si trasformò in depositi pneumatici ATAC. Nel 1998, data in cui iniziarono i lavori per la trasformazione in Museo dei Bambini, l’area dell’ex deposito verteva in stato di abbandono.



Il recupero dal 1998
Gli edifici, interessanti testimonianze di architettura industriale, hanno subito nel tempo una progressiva rifunzionalizzazione. Protagonista indiscussa è la struttura principale in ghisa, interessata dal 1998 dall’intervento di recupero e adattamento alla funzione espositiva. Un progetto su brevetto dell’ingegnere francese Camille Polonceau, coevo di Eiffel, preservato nelle 26 colonnine in ghisa e la capriata reticolare, quest’ultima conosciuta come la capriata Polonceau.

Gli architetti Adriano e Fabio Pagani hanno curato il progetto di riqualificazione architettonica. Gli architetti Cinzia Abbate e Carlo Vigevano hanno affiancato il progetto di riqualificazione con un’integrazione architettonica dell’impianto fotovoltaico. Entrambi gli interventi hanno dato vita a un padiglione espositivo caratterizzato da grandi pareti a vetrata e il lucernario del tetto, uno spazio trasparente e in armonia con l’esterno che mostra l’attività ludica che si svolge al suo interno.

Più tardi, un’incantevole decorazione ispirata al mondo delle fiabe ha interessato il muro perimetrale delle strutture attigue al museo: un intervento con materiali di recupero per opera dei Mook, ancora oggi apprezzabile dal giardino.

Il Museo dei Bambini di Roma apre ufficialmente al pubblico il 9 maggio 2001. Il nome Explora è frutto di una condivisione con bambini e famiglie che, nel 1999, lo hanno preferito a una lista di altri nomi.

Il progetto Explora 18

Questi testi sono stati realizzati grazie a Explora18: i primi 18 anni di Explora tra eredità industriale, saperi artigianali e nuove tecnologie, un progetto nato per festeggiare Explora, aperto al pubblico dal 9 maggio 2001, valorizzando il suo spazio come uno dei “luoghi della cultura” per l’intera regione, patrimonio restituito alla città di Roma.
Il progetto è stato pensato per celebrare i primi 18 anni di Explora, il primo Children’s Museum privato non profit italiano che dalla sua nascita ha ideato proposte sempre nuove dedicate a scienza, arte, musica, ambiente, nuove tecnologie. Le proposte sono sempre state affiancate da attività per bambini e famiglie, per scuole, per la comunità più in generale che ruota intorno al museo, concentrando le forze su laboratori, percorsi e mostre temporanee sempre nuovi e aggiornati.
Realizzata grazie al progetto una sezione di risorse didattiche legate ai tre i macro temi: colore, architettura e storia. Come i quattro e-book, dedicati a tutte le bambine e bambini che vogliono scoprire e sperimentare temi artistici, scientifici e tecnologici.



